fbpx

Guidare un’auto elettrica:
ti senti parte di un cambiamento
NATASCIA BANDECCHI
Natascia Bandecchi, nata il 17 aprile 1976, fin da piccola mi ha sempre affascinata l’uso della voce, pensare che volevo fare la doppiatrice. Oggi non faccio quel mestiere ma comunque in quell’universo sono rimasta: lavoro per Rete Tre. Nella mia vita ho guidato di tutto: utilitarie, jeep, city-car, cabrio. Ho sempre prediletto automobili d’occasione cercando veicoli di piccola cilindrata o che comunque avessero un impatto sull’ambiente non troppo eclatante. Da buon’ariete sono curiosa per natura e, a proposito di curiosità, non potevo farmi sfuggire la preziosa opportunità di guidare per la prima volta un’automobile elettrica. Ecco qui la mia esperienza… tutto è vero, lo giuro.

La mia prima volta a bordo di un’auto elettrica non si scorda mai
Ritiro la «mia» Nissan Leaf zero emission al Garage Ricca di Cadenazzo. Romeo Ricca è stato paziente e non ha dato segnali di stupore nonostante le mie «uscite» bizzarre: «Romeo scusa ma se non premo il gas davvero l’auto si può ricaricare? Posso caricarla pure alla presa di casa?» Ero agitata, temevo tutto fosse estremamente complicato e che non sarei stata in grado di maneggiare questo mezzo futuristico. La prima cosa che mi ha colpita è il silenzio. Mentre guido ho sempre la musica come sottofondo… beh, con l’elettrica mi gustavo la pace e l’armonia della totale assenza di rumore: un piacere che ti rilassa ogni cellula.

 

Guidare con un solo pedale… o quasi
Abituarsi a guidare un veicolo elettrico è stato immediato. Scatta qualcosa che ti accompagna dal momento che accendi il pulsante «start»: mi sentivo parte di un cambiamento e ne ero grata. Attivando la guida B move (modalità avanzata del classico D con cambio automatico) attivi la frenata a recupero di energia, quindi ogni volta che togli il piede dal gas l’auto si ricarica. Se vuoi esagerare con il risparmio più smart schiacci il pulsante ECO per limitare la spinta del motore e, crepi l’avarizia, c’è pure la funzione E-Pedal, che in pratica ti fa guidare con un solo pedale, quello del gas.

Ansia da percentuale
Inizialmente mi metteva un pò d’ansia vedere che la percentuale della carica della batteria scendeva (mi ricordava la batteria del cellulare in qualche modo). Non so voi ma, essendo un anticipatrice, mi piace sempre avere il serbatoio mezzo pieno e, notare che carica della batteria scendeva più chilometri facevo, mi smuoveva agitazione del tipo: «mannaggia, e se non trovo le colonnine di ricarica disponibili? E se non sono capace a usarle? E se finisco l’elettricità e rimango a piedi?» Dubbi ai quali ho trovato risposta nel modo più semplice possibile: sperimentando e stupendomi della semplicità con cui si utilizza un veicolo elettrico.

Colonnine di ricarica
Tralascerò il fatto che, la prima volta, non capivo come si sganciavano le prese dalle colonnine e sopratutto non mi ricordavo come si apriva il portellino delle prese elettriche dell’auto. Una volta superati questi ostacoli apparenti è stato un gioco da ragazzi: tesserina alla mano e in un battibeleno (circa un’ora) ho fatto il pieno di elettricità. Ovviamente prima di trovare la postazione più vicina a dove mi trovavo, ho fatto la «caccia alla colonnina disponibile», come ? Usando l’App gratuita di emotì – intuitiva, comoda e gratuita.

 

Pianificare é la chiave
Ho percorso circa 170 km in 4 giorni: da Lugano a Mendrisio via sino a Locarno. È stato naturale organizzarsi prima di spostarmi, controllare dov’erano situate le colonnine di ricarica emotì per essere certa che, se ne avessi avuto bisogno, avrei potuto caricare l’auto. Pensavo sarebbe stato complicato muoversi ma con mia grande sorpresa ho trovato una rete di postazioni di ricarica sufficienti alle mie esigenze.

emotì stories

Nome e cognome
Titolo story

Nome e cognome
Titolo story

Nome e cognome
Titolo story